Una scena del film How to Have Sex
Il sesso a sedici anni
L’educazione sessuale e l’approccio al sesso degli adolescenti è un tema che occupa sempre più spazio nel mondo dell’audiovisivo contemporaneo. Di recente, per esempio, è finita una delle serie di maggiore successo della storia della piattaforma Netflix: Sex Education, che nella quarta e ultima stagione ha traghettato i suoi protagonisti verso il mondo adulto, portandoli a confrontarsi con temi più complessi, più oscuri e più profondi di quelli trattati nelle stagioni precedenti.
Se il risultato è meno riuscito e più confusionario rispetto al solito (gli sceneggiatori mettono in campo troppi personaggi, finendo col trattare alcune story line in modo molto superficiale), è vero che la quarta stagione di Sex Education ci ricorda che la vita non è tutta a colori pastello come l’immaginaria cittadina di Moordale, che diventare grandi costa fatica, e significa accettare il dolore, il distacco, l’imperfezione; che, anche se possono essere delle grandi armi a nostra disposizione, non tutto si risolve con l’onestà e un sorriso. Che quando hai sedici anni il sesso è spesso brutto, insoddisfacente, traumatico, e questo può farci sentire sole e soli.
È proprio per scongiurare questa solitudine che la regista inglese Molly Manning Walker ha deciso di girare il film che l’ha portata alla vittoria nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes: How to Have Sex. La nostra Giulia P. l’ha incontrata alla Festa del Cinema di Roma dopo aver visto il film, di cui scrive nella newsletter di oggi.
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